Compare per la prima volta nel 1621, poi scompare. Ritorna nel 1939, viene venduta, poi persa di nuovo. La seguono per anni, mentre viaggia. Viaggia per il mondo. La rintracciano, la bloccano e ora è qui. Finalmente!
Dopo mille peripezie, una delle opere più discusse e avvolte dal mistero, torna in Italia e sarà esposta, secondo quanto annunciato ufficialmente dalle autorità locali e dall’amministrazione comunale, al Castello dei Conti Guidi di Poppi nell’estate del 2018 (https://www.casentinopiu.it/la-tavola-doria-dagli-uffizi-al-castello-di-poppi/). Si tratta della Tavola Doria, un dipinto attribuibile (per alcuni) a Leonardo da Vinci che riproduce una parte della più vasta opera muraria leonardesca della Battaglia di Anghiari tra milanesi e fiorentini che era presente, fino al 1555, nella sala del Maggior Consiglio nel Palazzo della Signoria di Firenze. La Tavola, che rappresenterebbe la copia di un particolare di questa immensa opera ormai perduta, divide e accende un vivace dibattito nel mondo della critica d’arte. Oltre alle caotiche imprese che l’hanno vista passare da un proprietario all’altro, sparire inspiegabilmente per poi ritrovarsi in un cavò svizzero legalmente acquistata dal Tokyo Fuji Art Museum per una tanto impressionante quanto indefinita cifra, non mancano le discussioni intorno alla sua originalità. Chi è il vero autore del dipinto? È la principale domanda che scatena le più turbolenti polemiche. Tra i più arrembanti oppositori dell’attribuzione di tale lavoro artistico a Leonardo, troviamo, neanche a dirlo: Vittorio Sgarbi. Figura ormai molto presente nel territorio casentinese, che smonta in modo netto e deciso le teorie che legherebbero la tavola al famoso artista italiano. A questo proposito, il consigliere di Poppi, Enrico Lettig (Capogruppo lista civica “Poppi Libera”), annuncia che non mancherà, a breve, una dichiarazione pubblica di Sgarbi sull’avvenimento. Ad avvertirlo è stato il Professore in persona. Tralasciando, per il momento, queste diatribe di carattere scientifico, non si può trascurare, comunque, l’impatto mediatico e l’indiscutibile fascino che quest’opera, con le sue rocambolesche vicende, suscita ai professionisti e agli appassionati della materia, come suggerisce lo stesso Lettig in un suo comunicato stampa. «Un motivo in più per valorizzare il territorio – continua il consigliere – e per affrontare in modo professionale i nuovi accesi dibattiti sulla sua esatta attendibilità». Tutti elementi che, conclude Lettig, potranno di «certo arricchire di significato l’attesa dell’esposizione».
In pratica, grazie all’accordo che prevede un’alternanza espositiva dell’opera tra Italia e Giappone, per un periodo complessivo di 26 anni (dopo il quale, il dipinto, tornerà definitivamente tra i confini italiani), avremo la possibilità di ammirarla nella Galleria degli Uffizi fino a quando non farà capo al Castello di Poppi. Insomma, un’occasione in più per parlare di cultura in Casentino e per coinvolgere il territorio in un più vasto progetto di interesse artistico internazionale.