Correva l’anno 2012, d’un luglio poco soleggiato.
Il 26 del mese, a Londra, andava in scena la Global Investment Conference: un’occasione ghiotta per salotti buoni, capitani d’industria e speculatori finanziari. Il piatto forte della reunion, invitato ad esprimersi, era il Presidente della BCE. L’aria che tirava era la speculazione finanziaria sui debiti sovrani dei P.I.I.G.S.: acronimo che equiparava (foneticamente) a dei “maiali” il Portogallo, l’Italia, l’Irlanda, la Spagna e la Grecia, intesi come stati. A favor di telecamere, stimolato da una domanda ruffiana che gli chiedeva cos’avrebbe fatto la Banca Centrale Europea, Mario Draghi disse: “nei limiti del nostro mandato, la BCE è pronta a fare tutto ciò che occorre (“WHATEVER IT TAKES”) per preservare l’euro. E, credetemi, sarà abbastanza”.
Il discorso del Presidente della Repubblica Italiana è stato, senza dubbio, il più significativo degli ultimi vent’anni ed ha determinato una svolta epocale. Prima di tutto è stato pronunciato in un albergo di lusso (non in una sede istituzionale), a favore di telecamere: come la discesa in campo d’un qualunque “populista”. Poi, a seguito di una strenua battaglia giuridica in Germania, si è imposto alla politica. Non con la forza (kratos), non con la violenza delle armi ma con l’autorità di chi guida il gregge in nome, e per conto, di Dio.
Se avete creduto d’esser voi il gregge, vi sbagliate di grosso.
La comunità (il gregge, per intenderci) a cui si rivolge il Santo Padre è la conventicola di faccendieri, finanzieri, capitani d’impresa e politici che, una qualche forma di potere in essere, ce l’ha già e che mal sopporta di doverne dar conto a voi (noi): preferendo, di gran lunga, un qualche ordine metafisico (Dio, la storia, la ragione, la miglior scienza ed esperienza, etc.). Ebbene: di fronte al popolo, alla storia, a Dio, alla ragione ed alla scienza, le élite, i potenti, o come altro li volete chiamare, hanno fallito. Hanno fallito ma non ne vogliono dar conto: di certo, non a voi (noi)!
La misura del fallimento la descrive un film di Elio Petri del 1976. Un film in cui, la verosimile classe dirigente democristiana, si raduna in un eremo-albergo per praticare gli esercizi spirituali di Sant’Ignazio mentre divampa, nel paese, una misteriosa pandemia. Il libro di Leonardo Sciascia, a cui s’ispira il film, è narrato in prima persona da un pittore; un avventore casuale che si ritrova nell’albergo, durante questo valzer del potere: la pandemia è una trovata originale di Petri. Fatto sta che l’eremo ed albergo, tanto nel libro quanto nel film, è retto da un gesuita sulfureo: Don Gaetano.
In un passaggio d’antologia, che nel libro coinvolge il pittore e Don Gaetano (e che nel film è trasposto in un dialogo fra Don Gaetano e il “presidente” … Aldo Moro), alla domanda dell’artista fa seguito il prelato. La domanda è cosa sia la Chiesa; Don Gaetano gli risponde: “Ecco: un prete buono le risponderebbe che è la comunità convocata da Dio; io, che sono un prete cattivo, le dico: è una zattera, La zattera della Medusa, se vuole; ma una zattera”. “Ricordo il quadro di Géricault”, dice il pittore, “ma non ricordo bene che cosa è accaduto su quella zattera, anche se parecchi anni fa ho letto tutto un libro. Qualcosa di terribile: proverbialmente… Si è salvato qualcuno, su quella zattera?”. “Quindici, su centoquarantanove: forse troppi… Oh no, non dico per La zattera della Medusa: dico per quella della Chiesa. Il dieci è percentuale piuttosto alta”, chiosa Don Gaetano.
Nel libro, quanto nel film, seguiranno una serie di delitti che decimeranno i convitati: l’assassino non ne darà mai conto, né al commissario Scalambro né, tantomeno, al lettore. Tutto lascia credere che sia stato Don Gaetano ma è questione di lana caprina: nel film, l’ultima vittima giustiziata, è il “presidente”. Due anni dopo l’uscita del film di Petri, Aldo Moro sarà effettivamente “giustiziato” dalle Brigate Rosse. Quella che voleva essere un’allegoria sul potere finisce nei sensi di colpa d’un cineasta (Petri) e dello scrittore (Sciascia) che aveva sostenuto il film. Il film, come già il libro, s’intitola Todo Modo.
“Todo modo para buscar y hallar la voluntad divina” (“qualunque cosa per cercare e trovare la volontà divina”), suggeriva Sant’Ignazio per i suoi esercizi spirituali: finalizzati alla salvezza dell’anima. Nel gioco di Sciascia, quel todo modo diventa “qualunque cosa”: qualunque cosa per salvarsi. “E quello che hanno fatto quei quindici per salvarsi?”, incalza il pittore alla volta del prete, sullo sfondo delLa zattera della Medusa. “Non mi interessa. Cioè: non mi interessa dal momento che La zattera della Medusa è metafora, per me, di ciò che è la Chiesa”. “Preferisco perire subito, nel naufragio”, chiosa il pittore. “Ma no, lei sta nuotando per raggiungere la zattera. Perché il naufragio c’è già stato…”. Poi, Don Gaetano fece un sorriso quasi divertito: “Non se ne è accorto?”.
Ecco. Cosa sfugge a chi non viene mai convocato per dargli conto, vale a dire noi “pittori”, è il naufragio!
Il naufragio, per chi non l’avesse capito, si chiama VINCOLO ESTERNO. Il “vincolo esterno”, che gl’italiani conoscono con il mantra del “ce lo chiede l’Europa”, è stata la scusa per lo smantellamento dello stato sociale, il ripudio dell’economia keynesiana, le privatizzazioni, l’introduzione della parità di bilancio in costituzione, etc., etc., etc., etc., periodico. Con l’idea del vincolo esterno, chiunque fosse stato democraticamente eletto sarebbe stato condizionato dalle regole del neoliberismo (o della variante cara alla dottrina sociale della chiesa: l’ordoliberismo). Regole che avrebbero eroso il debito pubblico italiano (accumulato negli anni ‘80 dal sistema politico descritto da Sciascia in Todo Modo) con un imminente boom economico: esattamente quello che era successo a Londra negli stessi anni ’90. Persino Berlusconi ne aveva sentito parlare se è vero, com’è vero, che il “nuovo miracolo italiano”, con cui s’era introdotto alla politica, non avrebbe dovuto dipendere da lui ma dalla voluntas Dei!
L’hanno lasciato governare, Berlusconi, e con lui Veltroni, D’Alema, Prodi: tanto le leve del potere erano altrove. L’hanno lasciati governare fintanto che non è stato chiaro a tutti che Deus non vult! Non solo il miracolo italiano è stato un miraggio ma lo stesso monetarismo economico, dal 2008 in poi, si è rivelato per quel che era: una truffa ai danni del cittadino. Fu tutto chiaro quando, a campagna elettorale in corso, i due contendenti (Bush ed Obama) furono convocati da Ben Bernanke, il presidente della F.E.D. (amico e studente al M.I.T. con Draghi), per salvare le grandi banche d’affari: prescindendo da qualunque decisione politica ed ad ogni costo. Una truffa planetaria ai danni della rappresentanza politica che, in Occidente, ha pagato la massa della popolazione: quella che s’esprime col voto. I colpevoli, ovviamente, sono state le classi dirigenti di mezzo globo: rei di essersi affidati ai tecnici dell’economia come fossero stati il verbo di Dio!
Ma dov’era il Presidente della Repubblica, il nostro Don Gaetano, il Santo Padre Mario Draghi?
Gestiva la crisi del debito con l’austerity (taglio della spesa pubblica), l’haircut (riduzione delle pensioni e dei servizi di previdenziali), la troika (vale a dire la forte limitazione della sovranità statuale) oltre al prestito ad interessi maggiorati ed alle garanzie reali richieste agli stati (NDR: il porto del Pireo, ad esempio, è ancora sottoposto ad ipoteca). In Italia, Mario Draghi, recapitava diktat a Re Giorgio I “napulitano”; che subito s’attivava ad incaricare il commissario fallimentare Mario Monti, travestito da Presidente del Consiglio.
A seguito dell’insana gestione sulla crisi del debito sovrano, che c’ha regalato i vari nazionalismi (NDR: malessere sociale) sparsi per tutta Europa, in Italia il vincolo esterno si è trasformato nel VINCOLO INTERNO.
Meglio mi sento!
Il vincolo interno, in pochi spiccioli, è la Presidenza della Repubblica. D’una repubblica, badate bene, che non è più parlamentare dai tempi di Cossiga e che Renzi, con la sua meravigliosa riforma, voleva trasformare in una specie di ratificatore notarile dei provvedimenti comunitari: magari non tutta ma il Senato sì. Una repubblica che non è nemmeno semipresidenziale: ché i Francesi, almeno, tanto il parlamento quanto il presidente lo eleggono direttamente. Da noi no. Da noi, il Presidente della Repubblica italiana lo elegge un conclave a scrutinio segreto in una specie di conciliabolo volgarmente noto come grandi elettori. Un Papa, insomma, ma con poteri che, nel tempo, sono stati estrogenati rispetto al dettame costituzionale: più potente ed invasino di qualunque corona regnante in Europa, attualmente. Ancora garante della Costituzione? No, personalmente non direi: garante, piuttosto, dell’inquadramento internazionale dell’Italia e della fedeltà alle istituzioni europee che non sono democratiche quanto non sono abilitate dalla carta costituzionale.
Ed allora: ma cosa credete che sia venuto a fare un politico costruitosi a Bruxelles? È venuto per occupare la poltrona del Colle: è venuto a recitare la parte del vincolo interno …. e della zattera. La zattera, ben inteso, per i tanti notabili chiamati ma dei pochi eletti: quelli che si traghetteranno nel nostro futuro. Un futuro, resta pacifico, di gattopardi che, come il nostro Presidente della Repubblica, cambiano tutto affinché non cambi niente. Il tutto, naturalmente, ad una condizione: sempre la stessa.
Un nuovo boom economico. Quello garantito dalla Democrazia Cristiana negli anni ’50 e vaticinato dagli economisti nostrani che, con l’Euro, volevano garantirsi quei bassi tassi d’interesse che, accompagnati dalla crescita economica, avrebbero azzerato il debito pubblico: whatever it takes, todo modo … ad ogni costo.
“E quello che hanno fatto quei quindici per salvarsi?”.
Si vedrà!