“Babbo, babbo ma cosa faceva qui il nonno? Perché portava la mascherina? E tutta quella gente in fila davanti al supermercato cosa faceva?”
Sono queste le domande che i nostri nipoti faranno ai nostri figli sull’emergenza che stiamo vivendo sulla nostra pelle, o almeno quelle che si immagina Gian Carlo Mazzetti un fotografo di talento con un passione bruciante per l’essere umano di cui sa cogliere, in uno scatto, una vita intera.
Gian Carlo sta lavorando ad un reportage sulla nostra vita ai tempi del covid-19: persone, dolori, isolamento, stravolgimento delle abitudini, mancanza di lavoro, malattia, sofferenza, ma anche solidarietà e un mondo che sta cambiando e che cerca la sua rotta per farlo.
Questo il racconto di come è nata l’idea fatto dallo stesso fotografo: “Ho iniziato dalla mia famiglia. Come la maggioranza di noi, anch’io sono a casa. Per questo ho pensato di fare scatti al mio nucleo familiare, a mio figlio, perché lui stesso poi potesse raccontare ai suoi figli cosa eravamo, e cosa abbiamo passato. Mi sono immaginato un colloquio, una scena nel futuro, dove a fare le domande fosse il figlio di mio figlio. Ho iniziato dalla mia vita privata per non lasciare andare emozioni e vissuto e perché gli stessi potessero rimanere una eredità privata. Poi, come ho postato alcune foto su Instagram. Il Sindaco, che è molto social, ha visto quello che stavo realizzando e mi ha fatto una proposta che mi ha sconvolto positivamente: far diventare questo reportage familiare, un reportage per la comunità e della comunità. Ovviamente ho accettato e con grande emozione”.
Il Sindaco Filippo Vagnoli ha commentato in merito: “ Le foto di Gian Carlo mi hanno colpito subito. La loro forza e’ quella di ridarti indietro un vissuto palpabile. Per questo gli ho proposto quello che adesso sta facendo – il tutto in modo volontario e assolutamente gratuito – ovvero documentare il presente per donarlo al futuro. Il problema di questo periodo è che ne siamo protagonisti ovvero siamo immersi in un vortice. Quello che ci mancherà è proprio il racconto. E le immagini sono il modo migliore per farlo in una società dell’immagine. Immagini che parlano, talvolta gridano tanto sono capaci, come quelle di Gian Carlo, di tirare fuori l’anima”.
Anche per Gian Carlo si tratta di mettere a disposizione di tutti un talento, un atto di solidarietà tra i tanti che si vedono in questi giorni tristi. Un lavoro dunque, nel senso di travaglio interiore, di impegno per gli altri in un momento in cui anche i talenti si devono mettere a disposizione della comunità affinchè tutti possano per rinascere insieme.
Così Gian Carlo si trova accanto ai volontari che vanno a portare le mascherine, si trova sotto la finestra di chi è venuto fuori dal tunnel della malattia, si trova accanto ai pacchi alimentari, alle file del supermercato e documenta i volti che parlano.
Ma cosa diventerà questo reportage? A rispondere è Gian Carlo stesso: “Sarà sicuramente tante cose: un documentario di un momento molto duro della nostra storia; un ricordo. Ma scuramente diventerà anche altro. Adesso tutto è possibile. Intanto ho parlato con il mio amico Federico Carnevali diplomato al Conservatorio che comporrà per questa cosa un pezzo e già sono emozionato. Poi vedremo. Adesso la cosa più importante che posso fare è quella di stare vicino alla gente. Poi cercherò di restituire a chi si è aperto con me tutto quello che sto facendo. Le persone hanno voglia di raccontarsi anche se sono impaurite. Dietro le foto ci sono storie di vita e momenti importanti. Ho fotografato persone che si sono ammalate dalla finestra. Un momento dolcissimo e durissimo. La loro paura, il loro dispiacere, il loro commovente senso di colpa”.
Gian Carlo ha iniziato prestissimo a maneggiare una macchina fotografica che in casa sua era come il pane a tavola. Poi tutto è scoppiato con i viaggi in giro per il mondo, dove ha imparato a conoscere l’umanità colorata e diversa e quindi le potenzialità comunicative di un volto. Ha al suo attivo tante mostre e un bellissimo lavoro che nel marzo del 2011 lo portò nei cataloghi del lavoro fatto dalla Fiaf sull’Italia.
Come dice Mannarino nella canzone “Vivere la vita”: “non c’è cosa peggiore di un talento sprecato”. Ecco Gian Carlo Mazzetti non lo ha fatto e pur dovendo vivere di altro, ha lottato per coltivare ciò per cui è nato.