“Voci dal Casentino”: Anna Maria Vignali, una donna, una scrittrice e il suo ultimo romanzo

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La scrittrice Anna Maria Vignali

Lievito madre è l’ultima fatica, la decima creatura che Anna Maria Vignali, affermata scrittrice casentinese, ha reso pubblica. Dopo svariati libri di un certo calibro, dai quali ha ricevuto importanti riconoscimenti e grandi soddisfazioni, Anna Maria ha presentato il suo ultimo romanzo. Si tratta di una storia attuale ma dal sapore antico, perché le sensazioni di cui è “pregno” sembrano arrivare da una profondità che ha radici ben salde.

Lavorare con Anna Maria Vignali è stato semplice perché lei è una donna che sa trasmettere il suo messaggio e ci riesce in tutte le situazioni. Ha una robusta consapevolezza delle parole che spende, quella consapevolezza che hanno gli scrittori attenti e profondi, quelli che non parlano mai a “vanvera”.

“Lievito madre” è il titolo del tuo ultimo romanzo e lo trovo un titolo che richiama molto alla lettura. Perché lo consiglieresti?

Lo consiglierei perché sa di pane, qualcosa che noi tutti abbiamo impresso nei nostri sensi. Lo consiglierei perché il titolo stesso è l’invito a scoprire il significato diverso di due parole che tanto compaiono nel nostro linguaggio quotidiano e regala alla narrazione l’immagine di qualcosa in continuo divenire, capace di operare mutamenti e far crescere tutto ciò che si nasconde dentro di noi.

Da quel che mi è arrivato dalle prime informazioni, il tuo libro deve essere intriso di sensazioni e sentimenti che riguardano anche questo pesante ultimo periodo. C’è del vero?

Senza dubbio. La storia narrata è la strada per scendere e salire nel mondo delle emozioni e dei sentimenti e tutto ciò è talmente vero e attuale che non poteva non legarsi a questo triste momento per tutti. “Ce la faremo?” Recita una delle ultime pagine del romanzo, nel quale, proprio nel finale, c’è una ipotetica e auspicabile conclusione di ciò che oggi minaccia la nostra vita. Una conclusione fedele all’impostazione della storia narrata, sempre legata alla speranza e alla ricerca appassionata di pace interiore. Di fronte alla forza di “Lievito madre”, anche il coronavirus sembra arretrare la sua corsa.

Come ti è arrivata l’ispirazione, quale bisogno avevi da esternare?

Penso che alla base di ogni narrazione ci sia stato in me il bisogno di superare qualcosa. Gli antichi chiamavano: ”farmacon”, ovvero medicina, la scrittura di sé, e in effetti, credo che per aiutare sé stessi bisogna avere il coraggio di parlare al proprio cuore, alla propria anima e non aver paura di esternare qualcosa.

L’ultimo periodo vissuto non è stato facile per me, ho provato sensazioni che mi hanno segnato e resteranno come un tatuaggio indelebile, ma ho trovato la forza per andare avanti, sollevandomi dal profondo in cui ho rischiato di cadere. Beh, “Lievito madre” sa anche di questo.

Nei tuoi libri incontriamo molto di te, e come accade a coloro che scrivono, ci si infilano dentro con tutto il loro bagaglio di vita. Ti troviamo anche qui?

Direi proprio di sì. Credo che quando si parla di sentimenti e di emozioni sia impossibile per l’autore non infilarsi tra i personaggi, o meglio, nascondere sé stesso tra le quinte di quell’immaginario teatro che sembra essere una narrazione. Non solo, l’autore dirige la vicenda seguendo ciò che ispira l’animo e non trascurando la sua esperienza diretta di vita. Le sensazioni non si inventano, né si creano, per descriverle e farle vivere ai personaggi della narrazione occorre averle vissute e non necessariamente in prima persona.

Questa tua ultima creatura affonda un po’ anche nelle tue radici?

Sì, sono sempre presente in quello che scrivo, con tutta me stessa. Credo fermamente in ciò che ho verificato nel corso della mia vita.

In questo tempo doloroso è nato “Lievito madre”, ti sei dovuta soffermare talvolta scrivendolo, o come dico io, la mano andava via da sola?

“Lievito madre” è nato in circa due anni, più o meno. La “gestazione” non è stata semplice, ho avuto momenti in cui non era facile concentrarmi e lasciarmi andare laddove conduceva la storia, e dove portavano le emozioni e i sentimenti. A volte, preoccupazioni di vario genere pesavano così tanto su di me che ho temuto di non poter arrivare alla fine. L’arrivo del coronavirus mi ha portato alle esigenze più naturali e indispensabili per procedere nel mio cammino. La scrittura, l’angolo nascosto che più mi appartiene, ha trovato così la forza necessaria per farmi arrivare alla fine della mia decima creatura.

Lascio sempre all’ultima domanda l’opportunità di farvi andare a ruota libera, per dare anche a te il là a farti conoscere meglio.

Mi chiedo sempre chi sono quando descrivo i miei personaggi. Non è facile parlare di sé, è un po’ come scoprire all’improvviso ciò che non avevi mai visto e non ti piaceva verificare dentro di te. Se dovessi definirmi direi che sono alla continua ricerca di qualcosa che appartenga per sempre ed abbia le mie sembianze, che palpiti assieme al mio cuore e occupi la mia mente come un fantasma buono che incute timore ma mi fa sentire viva. Sono una fedele conservatrice dei miei sentimenti e delle mie emozioni, non ne potrei fare a meno e non vorrei mai che cambiassero, anche se, talvolta è la vita stessa che induce a mutare.

Quando scrivo si realizza quella parte di me di cui a volte ho anche paura perché la vita, ora più di sempre, si pone per quello che è e per tutto ciò che vale. In fondo questa vita è la mia e credo che mi abbia dato ciò che avrei voluto provare, persino il dolore, la delusione, la paura. Però quando arriva una gioia riesco ad assaporarla di più, come quando dal buio nasce la luce. La mia vita è un po’ come una canzone ascoltata tante volte eppure sempre gradita e sempre colma di tante nuove sfumature. Sì ogni giorno per me vale per tutto ciò che riesco a trovare dove. In fondo sono una donna tranquilla, consapevole di aver realizzato proprio tutto questo dentro di me.

Anna Maria si è data tanto in questa mia intervista, si è concessa così intensamente da farmi rabbrividire più volte, e ascoltandola ho messo “in cassaforte” più cose, sia come donna che come scrittrice. Avrei ancora molto da imparare e da chiederle, ma per ora mi accontento di essere arricchita dal suo: “Lievito madre”!

Grazie di cuore Anna Maria, al prossimo libro!

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Marina Martinelli
Marina Martinelli nasce nel 1964 e “arranca” tutta la vita alla ricerca della serenità, quel qualcosa che le è stata preclusa molto spesso. La scrittura è per lei una sorta di “stanza” dove si rinchiude volentieri immergendosi in mondi sconosciuti e talvolta leggiadri. Lavora come parrucchiera a Poppi e gestisce il suo salone con una socia. E' madre di due figli che sono per lei il nettare della vita e scrive, scrive ormai da molti anni anche per un Magazine tutto casentinese che si chiama “Casentino Più”. È riuscita a diventare giornalista pubblicista grazie proprio al giornale per cui scrive e questo ha rappresentato per lei un grande traguardo. Al suo attivo ha ben sette libri che sono: “Le brevi novelle della Marina", “L’uomo alla finestra”, “Occhi cattivi”, “Respira la felicità”, “Un filo di perle”, “La sacralità del velo”, “Le mie guerriere, quel bastardo di tumore al seno”. Attualmente sta portando avanti ben due romanzi ed è felice! È sposata con Claudio, uomo dall’eterna pazienza.

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