“Voci dal Casentino”: quando una divisa continua ad essere utile alla comunità

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Da un certo periodo in poi, soprattutto dopo il lockdown, sentivo parlare spesso del lavoro svolto dai carabinieri in pensione. In un primo momento mi chiedevo di cosa si potesse trattare, di cosa questi carabinieri in pensione potessero svolgere, fino a che ho incontrato Benito Fioriti, che a mio avviso è stato uno degli uomini in divisa a cui la nostra vallata ha voluto più bene, e non ho esitato a fargli domande, e lui ha esaudito tutte le mie aspettative, con la chiarezza e la serietà che lo contraddistingue.

L’ausilio di noi carabinieri in pensione viene richiesto da enti tipo: comune o varie associazioni che organizzano eventi. Lavoriamo a stretto contatto con carabinieri e polizia locale, sostanzialmente siamo volontari che hanno firmato uno statuto e devono rispondere in tutto e per tutto, alle necessità che ci vengano richieste, rispondendo con quel senso di responsabilità che la nostra disciplina ci ha sempre imposto.

Non abbiamo bisogno di corsi aggiuntivi in merito alla sicurezza, perché avendo fatto il carabiniere per professione, sappiamo bene come muoverci e quali tecniche adoperare per far rispettare l’ordine pubblico. Siamo allenati a saper riconoscere una situazione di pericolo, e ad intervenire in caso di questa.

Risulta molto difficile togliersi la divisa di dosso, perché carabinieri si è per tutta la vita, – mi racconta Benito, – e rimangono intatti quei principi che ci hanno sempre accompagnati, fin dal momento dell’arruolamento. Ci gratifica molto avvertire il ringraziamento dei nostri concittadini, e considerato che eravamo ben integrati nella collettività, è un piacere continuare ad esserlo e dedicare un po’ del nostro tempo libero, adesso che siamo in pensione e ne abbiamo di più.

Sicuramente lo stress e il senso di responsabilità si riattivano, ma non dover più rendere conto ad orari e sveglie mattutine rimesse, non è poca cosa, oltretutto non ci vuole coraggio perché non siamo mai soli ed è tutto più lento, in più aleggia una serenità maggiore in ciò che svolgiamo adesso, e con lei anche la voglia di essere ancora utili.

Nella sezione di Poppi, quella di cui faccio parte, siamo un numero ridotto rispetto alle sedi di Bibbiena, e di Pratovecchio – Stia. Loro sono un gruppo maggiore, più corposo e strutturato, hanno uniformi specifiche delle quali anche noi abbiamo fatto richiesta. Abbiamo cominciato in ritardo rispetto a loro, ma ci auguriamo di diventare molti di più per prestare servizio alla nostra vallata.

Sostanzialmente siamo gruppi che svolgono servizi socialmente utili, sotto forma di volontariato, ma a livello nazionale. Ci sono nuclei accorpati alla Protezione civile composti da carabinieri in pensione, che avendo scelto e firmato per svolgere questo servizio, se chiamati hanno l’obbligo di recarsi dove il paese ha più bisogno. Lo abbiamo visto quando il nostro paese è stato “sfregiato” da terremoti, alluvioni e calamità naturali in genere.

Coloro che si associano devono essere indispensabilmente brave persone, che vivano in modo corretto e che si riconoscano nei principi dello statuto e delle istituzioni. In fondo quando una persona investe un po’ Del suo tempo libero nei confronti degli altri, commette una cosa lodevole, piacevole e di conseguenza gratificante.

Ci sono anche gli Steward che fanno parte di queste organizzazioni di “salvaguardia”, loro solitamente fanno parte di agenzie specifiche e quasi sempre sono a pagamento, mentre coloro che fanno parte dello Staff, e li riconosci perché indossano gilet fosforescenti, sono inseriti nelle varie Proloco e si prendano cura di sagre o serate a tema. Li incontriamo quasi sempre all’entrata delle manifestazioni e ultimamente, li abbiamo visti prendere la temperatura ai signori avventori di queste manifestazioni sopracitate. –

Il racconto di Fioriti è stato chiaro e lampante, continuare a prestare attenzione e protezione anche dopo il pensionamento, gli restituisce quel piacere che solo un lavoro come quello che ha svolto insieme a tutti i suoi colleghi che ci sorvegliano quotidianamente, può dare.

Noi però nel frattempo ne godiamo, e ne godiamo come uomini e donne, come cittadini e lavoratori, come individui che si recano ad una festa, ad una fiera, o un semplice mercato, ma soprattutto mi viene da riflettere sul fatto che non tutti siamo disposti a donare del tempo libero alla comunità. Ebbene, questi uomini e donne continuano a farlo e io mi sento di dir loro grazie, a nome di tutti.

Un grazie particolare a Benito Fioriti che per più e più volte mi ha chiesto di non menzionarne il nome, ma questa è cosa solamente mia!

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Marina Martinelli
Marina Martinelli nasce nel 1964 e “arranca” tutta la vita alla ricerca della serenità, quel qualcosa che le è stata preclusa molto spesso. La scrittura è per lei una sorta di “stanza” dove si rinchiude volentieri immergendosi in mondi sconosciuti e talvolta leggiadri. Lavora come parrucchiera a Poppi e gestisce il suo salone con una socia. E' madre di due figli che sono per lei il nettare della vita e scrive, scrive ormai da molti anni anche per un Magazine tutto casentinese che si chiama “Casentino Più”. È riuscita a diventare giornalista pubblicista grazie proprio al giornale per cui scrive e questo ha rappresentato per lei un grande traguardo. Al suo attivo ha ben sette libri che sono: “Le brevi novelle della Marina", “L’uomo alla finestra”, “Occhi cattivi”, “Respira la felicità”, “Un filo di perle”, “La sacralità del velo”, “Le mie guerriere, quel bastardo di tumore al seno”. Attualmente sta portando avanti ben due romanzi ed è felice! È sposata con Claudio, uomo dall’eterna pazienza.

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